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Intervista. Quando la scuola guarda verso il futuro

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L’Istituto tecnico Carlo e Nello Rosselli di Aprilia, un modello da seguire. Labozeta ne parla con la professoressa Simonetta Soro, docente di Chimica,  impegnata nel campo della ricerca didattica 

L’Istituto d’Istruzione Superiore Carlo e Nello Rosselli di Aprilia si è dotato dal 2012 di un laboratorio scientifico didattico di eccellenza, proprio per adattarsi ad una richiesta sempre più esigente che l’industria richiede. A distanza di due anni si possono già trarre delle considerazioni sul laboratorio anche in termini di sicurezza sia individuale che collettiva?

Noi, ancor prima di progettare da zero questo nuovo laboratorio didattico, siamo sempre stati particolarmente attenti alla sicurezza, sia ai dispositivi di protezione individuale, come l’uso corretto del camice, dei guanti o degli occhiali di protezione, che collettivi, come la presenza di cappe chimiche per uso collettivo o cappe individuali da banco. E’ una priorità che abbiamo sempre osservato anche in passato. D’altra parte un laboratorio chimico biologico come questo ci ha costretto a fare delle scelte ben mirate, specie in questo frangente in cui -noi stessi docenti – siamo stati coinvolti in una progettazione che tenesse realmente conto delle esigenze affini al contesto didattico in cui operiamo, ovvero all’indirizzo chimico con le sue discipline correlate come chimica organica, che nel quinto anno diventa bio-chimica, analitica e strumentale, ma anche la microbiologia, l’igiene e l’anatomia. 

Vengono anche impiegate cappe puntiformi sui banchi di lavoro che permettono di essere posizionate in prossimità del recipiente che contiene la sostanza evitando così qualsiasi contatto con i flussi dei vapori. Indubbio che questa modalità produce negli studenti delle ricadute positive perchè sensibilizzano alla gestione della sicurezza, alimentando anche le loro competenze e abilità individuali. 

In queste condizioni avendo una struttura organizzata logisticamente in termini di spazi e di tipologia di materiali è possibile lavorare facendo acquisire ai ragazzi competenza e autonomia. Una peculiarità necessaria in una scuola tecnica come la nostra, in cui teoria e pratica vengono trattati alla pari.

E i risultati non sono tardati ad arrivare, considerando che avete già avuto degli importanti riconoscimenti?

Sì, abbiamo partecipato ad alcuni bandi diffusi dal Ministero dell’Istruzione e dal Ministero della Salute sui regolamenti europei che riguardano proprio le normative sulla sicurezza. Parliamo del  REACH (acronimo di Registration, Evaluation, Authorisation of Chemicals ndr) e del CLP  (acronimo di Classification, Labelling and Packaging ndr), di cui anch’io sono un tutor. Un argomento importantissimo che punta a diffondere a livello europeo le direttive sia in ambito pubblico che privato sull’uso delle sostanze chimiche pericolose. In questo modo si costruiscono delle vere e proprie competenze di cittadinanza attiva. Nel nostro caso gli studenti hanno sviluppato dei progetti volti ad accrescere  conoscenza e consapevolezza in una concezione di sicurezza che tuteli non solo il loro operato, ma anche la collettività. Abbiamo quindi partecipato vincendo due importantissimi riconoscimenti attraverso attività che abbiamo svolto proprio nel nostro laboratorio.  

Da una recente indagine è emerso che quasi l’80% dei diplomati negli istituti tecnici trova lavoro entro un anno dalla maturità. Tuttavia molti convergono sul fatto che il nostro Paese ha bisogno di un forte rilancio dell’istruzione tecnica.  Il laboratorio quindi diventa uno strumento insostituibile?

Di sicuro il laboratorio è fondamentale, specie per un istituto tecnico, dove si produce la duplice richiesta del mercato del lavoro, ovvero conoscenza e competenza. Due fattori importantissimi che aiutano l’inserimento nel mondo del lavoro.  Il ragazzo che svolge l’attività laboratoriale diventa infatti diretto protagonista e attraverso questa pratica potrà disporre di un bagaglio di esperienza maggiore. Esperienza che sicuramente rimarrà impressa nella memoria proprio perchè raggiunta da un rigoroso esercizio pratico.

Dico sempre ai miei studenti che in laboratorio si applica il metodo di Galileo, quindi l’osservazione di un fenomeno e la comprensione del suo accadimento. Partiamo quindi dal laboratorio per poi cercare le spiegazioni, senza nessuna improvvisazione, ma con estremo rigore e studio.

In questo modo si producono ottime conoscenze e competenze, quindi anche abilità pratiche e manuali che di conseguenza favoriranno una maggiore facilità d’inserimento nel mondo del lavoro. Va ricordato che un perito tecnico è una figura altamente professionale che valuta con consapevolezza il suo operato ed è in grado di prendere decisioni nel suo ambito. Un compromesso importantissimo che rispecchia una qualifica intermedia necessaria nel settore industriale, qualunque sia la sua specifica. Per questo l’istituto tecnico si posiziona bene creando ottime opportunità, specie nel settore chimico che, nonostante la crisi, continua a fare passi da gigante.

Anche l’alternanza scuola lavoro si è rivelata una buona palestra?

Assolutamente sì. Noi da 10 anni abbiamo adottato questo percorso, ovvero da quando esiste questa possibilità. E lo facciamo seriamente: nelle classi di terza si svolgono 80 ore per poi raddoppiare nelle quarte e nelle quinte. Parliamo complessivamente di 400 ore svolte in cui la didattica si trasferisce in azienda. Questa alternanza l’abbiamo sviluppata nei nostri ambiti specifici, quindi nel settore chimico, chimico-farmaceutico, ambientale, di analisi cliniche, ma anche nel settore dell’anatomia e della veterinaria. Una strada che si rivela estremamente importante per i giovani che possono così acquisire maggiore cognizione professionale, ma anche, attraverso i loro personali interessi, fare delle scelte mirate per il loro futuro.

A cura di Alessandro Ambrosin – Ufficio Stampa Labozeta

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