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Tumori. Cellule staminali di glioblastoma: scoperto anticorpo in grado di bloccarne la crescita

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ROMA – Rivelato il meccanismo responsabile dell’elevata migrazione e malignità delle cellule staminali di glioblastoma, e scoperto un anticorpo potenzialmente in grado di bloccarne la crescita. E’ quanto emerge da un promettente studio appena pubblicato sulla rivista ‘Cell Stem Cell’ da un gruppo di ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – Fondazione Policlinico A. Gemelli di Roma, in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità e con l’Istituto nazionale tumori Regina Elena di Roma. Il glioblastoma – spiegano i ricercatori – è il più aggressivo tra i tumori cerebrali primitivi che colpisce ogni anno circa 1.500 italiani, con un picco di incidenza compreso tra 50 e 65 anni. E’ prodotto da cellule staminali aberranti che, invece di generare un tessuto normale, danno origine al tumore cerebrale. Nel glioblastoma – ricordano – non è possibile effettuare una diagnosi precoce che porti alla guarigione, poiché le cellule staminali, oltre a essere resistenti alle terapie farmacologiche, hanno la capacità di migrare dal tumore e di diffondersi in diverse aree del cervello. Lo studio ha determinato che queste cellule si muovono utilizzando una proteina, l’integrina alfa 7, che, come le ruote di un treno, viaggia speditamente su una sorta di ‘rotaie’ prodotte dalla laminina, una proteina che traccia dei percorsi per le cellule staminali che sono così in grado di invadere i tessuti cerebrali.

Nonostante i progressi della neurochirurgia e della neuro-oncologia, la sopravvivenza dei pazienti affetti da glioblastoma è breve, mediamente solo 15 mesi dalla diagnosi. La terapia chirurgica riesce solo a prolungare la sopravvivenza, ma non porta mai a guarigione chi è affetto da questa malattia. Per cercare di curare meglio questa malattia, i ricercatori dell’Università Cattolica hanno prodotto diverse migliaia di anticorpi contro le cellule staminali di glioblastoma. Uno di questi anticorpi ha mostrato una potente attività antitumorale, in grado di arrestare la migrazione delle cellule staminali, bloccando la crescita del glioblastoma. L’identificazione dell’integrina alfa 7 come bersaglio di questo anticorpo, ha poi permesso di comprendere i meccanismi cellulari e molecolari che consentono alle cellule staminali di migrare e invadere il cervello. Inoltre – specificano i ricercatori – questa proteina agisce da recettore ed è indispensabile per la crescita delle cellule staminali del glioblastoma. L’espressione di questo recettore correla strettamente con la prognosi dei pazienti; è poco espresso nei gliomi di basso grado che per questo sono poco invasivi e maligni, mentre nei tumori di alto grado, i glioblastomi, è molto espresso e permette alle cellule staminali di proliferare e di invadere i tessuti circostanti e le zone cerebrali più lontane dal tumore.

“Queste ricerche sull’integrina alfa 7 sono iniziate più di 4 anni fa con Ruggero De Maria presso l’Iss e hanno coinvolto 19 ricercatori appartenenti a diversi istituti di ricerca in Italia e all’estero – osserva Roberto Pallini, Uoc Neurochirurgia dell’Università Cattolica-Policlinico A. Gemelli di Roma – tutto questo lavoro ha prodotto una scoperta assai importante sul piano biologico che però rappresenta solo un piccolo passo verso la cura definitiva di questo terribile tumore”. “Ora – aggiunge De Maria, direttore dell’Istituto di patologia generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e coordinatore dello studio – bisogna identificare il sistema più efficace per neutralizzare l’integrina alfa 7. In questo studio abbiamo prodotto un anticorpo in grado di bloccarla, ma gli anticorpi non raggiungono facilmente i tumori cerebrali a causa della barriera emato-encefalica. Stiamo decidendo – conclude De Maria – se procedere con lo sviluppo dell’anticorpo o se cercare di produrre un farmaco che inibisca l’integrina alfa 7 e che superi la barriera ematoencefalica in modo da ottenere una buona efficacia terapeutica”. 

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