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Come il sequenziamento del Dna migliorerà la medicina di precisione

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Ventidue anni dopo la tecnologia ha permesso di leggere anche gli ultimi “libri” del genoma umano, come spiega Giuseppe Novelli, professore ordinario di Genetica Medica presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Roma “Tor Vergata”.

Il progetto dura da circa trent’anni perché leggere “l’enciclopedia della vita” è un’impresa enorme. Il Dna è fatto da lettere che danno informazioni, con le quali è stato calcolato che è possibile scrivere 262 mila pagine, ovvero 180 libri più o meno di medie dimensioni. Nel 2000 è stata depositata la prima mappa del genoma, ottenuta con le tecnologie dell’epoca, ma fino a un decennio fa mancava circa l’8%. C’era un buco pari a circa 200 milioni di lettere su un totale di 3 miliardi. Negli ultimi 20 anni le tecnologie sono cambiate e siamo riusciti a leggere anche queste parti e riempire i “volumi” mancanti, che per il 70-90% sono composti da lettere “ripetitive”. Il codice genetico è fatto di parole composte da tre lettere (tra le quattro basi che lo compongono A, C, G, T). Quell’8% di Dna di difficile lettura è composto da sequenze di triplette ripetute migliaia di volte. Di fronte a migliaia di “CAG”, per fare un esempio, le macchine del tempo andavano in tilt e non riuscivano a individuare l’inizio e la fine della sequenza. Era questo il problema.

All’interno di queste “pagine” sono stati trovati 115 geni che danno informazioni per costruire proteine di cui non eravamo a conoscenza e che ora dovremo studiare. Ci vorrà tempo per capire qual è la loro funzione biologica all’interno della cellula. Inoltre è stato scoperto che le parti mancanti di Dna si trovano nelle zone terminali dei cromosomi – dove la molecola inizia e finisce – chiamate telomeri (dal nome greco τέλος “fine” e da μέρος “radice”). I telomeri sono molto importanti perché ad esempio con l’invecchiamento si accorciano. Un altro aspetto da capire è se le parti del genoma appena scoperte abbiano a che fare con l’invecchiamento. È possibile, ma anche questo è un aspetto completamente da studiare. Infine le sequenze ripetitive sono state ritrovate anche nella parte centrale del cromosoma, il centromero. Un punto molto importante in cui si legano le fibre necessarie a scindere il cromosoma durante il processo di divisione cellulare. Un altro aspetto da affrontare sarà capire che ruolo hanno queste sequenze nel centromero. Sappiamo che probabilmente sono segnali di riconoscimento, utili per indirizzare qualche componente della cellula in quel punto per poi legarvisi. Un po’ come fanno le navi semaforo in mezzo al mare che indicano la via alle barche di notte.

Ma quale Dna è stato “letto”?

Si tratta di uno standard, una media della popolazione generale, utile come confronto con il Dna umano per individuare eventuali anomalie. È una “biblioteca” disponibile online in banca dati e gratuita. Adesso che è disponibile la versione completa possiamo rapportarci ad esso quando facciamo le analisi di una persona. Il primo passo è stato leggere il Dna, il successivo sarà interpretarlo. Per esempio le persone affette dalla forma più comune di distrofia hanno una “pagina” del Dna in cui le sequenze ripetitive appena individuate si ripetono anche migliaia di volte. Cosa che non si riscontra nelle persone sane. Poter leggere queste parti del genoma oggi ci può aiutare anche nella diagnosi e quindi nell’interpretazione di malattie.

Al momento come riporta ancora Nature, gli scienziati hanno completato il sequenziamento dettagliato di 70 genomi e mira a raggiungere i 350 a metà del 2024. Gli scienziati inoltre stanno già lavorando su come visualizzare la diversità e mostrare le variazioni. Un’altra impresa non da poco anche dal punto di vista tecnico, ma che gli esperti considerano cruciale per rendere più equa la medicina genomica. “Rendere conto della diversità significa servire meglio l’umanità”, sottolinea su Nature Ting Wang della Washington University School of Medicine di St. Louis parte del Consorzio. “Si tratta sia di equità che di uguaglianza. Si tratta di costruire una risorsa genomica più inclusiva per l’umanità”.

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